Monteleone di Fermo ( FM ), terra dei vulcanelli di fango
Monteleone di Fermo è uno dei tanti castelli della Marca Fermana, sorge su una piccola altura a m. 427 sul livello del mare tra il fiume Ete Vivo ed il torrente Lubrico a poco più di venti chilometri dal mare. Lo si raggiunge risalendo la Via Faleriense da Porto San Elpidio e prendendo il bivio per Belmonte Piceno, da cui dista circa otto chilometri.
Monteleone è stato un centro agricolo fin dai tempi antichi, infatti il suo primo nome fu Monte Legumi. Nella fotografia il caloroso e fraterno abbraccio di benvenuto con cui Monteleone accoglie i visitatori moderni.
Si crede che l' abitato dell' attuale borgo fermano esistesse già dai tempi dell' antica città romana di Faleria, in due distinti fabbricati: il primo denominato Monte Legumi ed il secondo Torre de' Casoli. Nel 533 Euterio, Re dei Longobardi, conquistò Faleria e Monte Legumi, ma non Torre de' Casoli, che resistette valorosamente ad un assedio per dodici anni al comando di un tale chiamato Leone. In seguito i due nuclei si riunirono sotto il nome di Monteleone per lasciare ai posteri la memoria del loro valoroso difensore. Nella fotografia, l' ingresso al paese alto.
Come molti altri piccoli centri vicini, il paese faceva parte della potente Abbazia di Farfa. Successivamente, nel 1251, esso si diede spontaneamente a Fermo; un atto di sottomissione ispirato dal desiderio di sentirsi protetto dal comune maggiore. Il borgo venne fortificato ed entrò a far parte della cintura esterna di castelli difensivi di Fermo. Oggi restano importanti avanzi della rocca duecentesca, tra cui un imponente torrione esagonale, posto alla difesa dell' ingresso al borgo, qui rappresentato nella fotografia.
Le massicce mura avanzate ed il torrione d' ingresso al borgo danno un' idea di quello che doveva essere il castello nel suo massimo splendore. Questi in seguito perso la sua importanza militare e si è trasformato in borgo, con molte piccole case in mattoni a vista che si aprono su due altrettanto raccolte piazzette. Nella prima, subito dopo l' arcata d' ingresso al borgo, si erge, sulla sinistra nella fotografia, la Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista, con torre campanaria costituita dal torrione esagonale ( sec. XIII - XIV ). La sua elegante fattura in cotto presenta un interessante architrave paleo-cristiano. All' interno vi si conserva una preziosa croce astile in argento opera di Bartolomeo da Montelparo ( 1524 ).
Di fianco al torrione esagonale ed all' ingresso del borgo, si erge massiccio il Palazzo Comunale sui contrafforti delle mura; è stato restaurato di recente ed al suo interno conserva una Madonna e San Giovanni di derivazione crivellesca del XV secolo. In una sala è raccolto l' Archivio storico con molte cinquecentine, anche queste fresche di restauro e consultabili. Nella fotografia l' esterno del palazzo visto dal terrazzo panoramico che si allarga alla sua base, dove è presente un noto ed apprezzato ristorante.
Esternamente alle mura del borgo fortificato di Monteleone, si apre una splendida e panoramica terrazza sul verde delle colline fermane; è usata dal ristorante-pizzeria per ricevere in estate i propri clienti. All' orizzonte, in comune con tutti gli altri centri storici della Marca Fermana e più a sud del Piceno, risulta l' elegante fondale della catena dei Monti Sibillini ad impreziosire e rendere magico il panorama.
Nel territorio comunale di Monteleone ed in modo specifico nell' alta valle del fiume Ete Vivo, tra Belmonte Piceno ed il centro storico, esistono una serie di vulcanelli di fango. Sono sei di cui tre grossi; S. Maria in Paganico, Valle Corvone e la Croce. Si tratta di modeste eruzioni melmose dal sottosuolo che si sviluppano sporadicamente. Il Comune, grazie ad un progetto denominato Segni dell' acqua, ha tutelato e valorizzato questi siti creando percorsi di visita in sicurezza, aree di sosta e tabelle esplicative. Nella fotografia, l' inizio del percorso di visita del vulcanello di S. Maria in Paganico.
La zona del vulcanello di S. Maria in Paganico è recintata; nell' area verde, sulla destra, si intuisce il laghetto melmoso che funge da cratere ed a sinistra la lingua grigia d' argilla arrotondata dell' ultima eruzione, ormai essiccata da tempo. I vari vulcanelli vivono un periodo di attività , anche se molto sporadica. In una di queste si è riusciti a documentare una discreta eruzione fangosa grazie al video amatoriale di un passante, che è possibile vedere sul sito del Comune di Monteleone.
Il fenomeno dei vulcanelli è stato studiato a lungo e si è arrivato ad avanzare due ipotesi: la prima è che si tratti di manifestazioni minori di processi di attività post-vulcanici che trovano sfogo in superficie, mentre per la seconda la risalita di fango, acqua e vapore è dovuto alla spinta dai gas sviluppatasi da depositi sotterranei di idrocarburi o petrolio. Il fenomeno è presente anche in altre parti d' Italia, dall' Appennino Tosco-Emiliano a quelli di notevoli dimensioni della Sicilia, che sono venuti tristemente alla ribalta nazionale nazionale per una disgrazia che ha coinvolto dei visitatori. I vulcanelli di Fermo, molto probabilmente, verranno uniti con un progetto per un percorso più omogeneo e meglio fruibile dai turisti, qualificando al meglio l' intera area. Nella fotografia la grigia lingua di fango di colata dell' ultima eruzione dal laghetto-cratere, verso il sottostante fosso, che poco più a valle si immette nell' Ete Vivo.
di William Tallevi
di William Tallevi
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