MACERATA...i Luoghi da Visitare - SANTUARIO DELLA MADONNA DEI VERGINI a Cura di Daniela Perroni
Testi e Immagini © Daniela Perroni / The Marche Experience
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SANTUARIO DELLA MADONNA DEI VERGINI
“….da tempo antico, sotto la
tutela di un annoso drago, dove la sacra discesa sprofonda in una bocca
tenebrosa, in cui penetra una vergine in onore del serpente digiuno, quando
esige l’annuo pasto e lancia sibili torcendosi dal fondo del terreno. Le
fanciulle mandate giù per tali riti sono pallide nell’affidare
temerariamente la mano alla bocca del serpente. Questo afferra i cibi che
la vergine gli accosta, e nelle palme della vergine trema il canestro. Se sono
state caste, ritornano tra le braccia dei genitori e i contadini gridano:
l’anno sarà fertile.”
Il maestoso santuario della
Madonna delle Vergini di Macerata si erge solenne nell’area di un pagus romano
dove molto praticato sembra fosse l’antico culto verso Giunone Argolide,
divinità legata alle profondità della terra. Il suo tempio veniva costruito nei
pressi di una grotta o di un anfratto a guardia del quale veniva posto il
mitico drakon, il grande rettile. Il lento scorrere del tempo non ha mutato il
fascino misterioso del luogo e laddove il culto pagano è stato rimpiazzato da
quello cristiano, fedele custode dell’antica e misterica tradizione cultuale
rimane sempre lui, il grande rettile, il coccodrillo.
Dal 1550 al 1587 viene eretto
l’attuale splendido santuario che sostituisce l’antica chiesetta di Santa Maria
de Virginibus e l’architetto, Galasso Alghisi da Carpi, s’ispira al grande
Bramante per l’impostazione planimetrica dell’edificio che unisce la tipica
armonia rinascimentale della pianta centrale con l’imponente equilibrio dei
volumi esterni. La limpida definizione architettonica della chiesa ben si sposa
con l’iper decorativismo degli altari in stile tardo rinascimentale che
movimentano e colorano lo spazio interno. L’altare maggiore viene decorato con
l’affresco del 1533 che rappresenta la Madonna dei Vergini a guardia del quale
c’è il coccodrillo, antico e positivo retaggio pagano che il cristianesimo ha
voluto issare in alto per renderlo innocuo agli occhi e allo spirito dei più
semplici e mostrarlo come exemplum della lotta tra il bene e il male.
La chiesa, oltre ai pregevoli
altari arricchiti di stucchi, affreschi e sculture, conserva pregevoli opere
tra cui una fuga in Egitto del Cavalier d’Arpino e la più nota tela di Jacopo e
Domenico Tintoretto che rappresenta una
pregevole adorazione dei magi. Scenografico è l’altare dei bifolchi, oggi usato
per celebrare la messa e opera del maceratese Gaspare Gasparrini e dei fratelli
Giuseppe e Vincenzo Conti di Ancona.
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