BRAMANTE - I Personaggi Marchigiani
Donato "Donnino" di
Angelo di Pascuccio detto il Bramante (Fermignano, 1444 – Roma, 11 aprile 1514)
è stato un architetto e pittore italiano, tra i maggiori artisti del
Rinascimento. Formatosi a Urbino, uno dei centri della cultura italiana del XV
secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento
lombardo, quindi a Roma, dove progettò la basilica di San Pietro. In qualità di
architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il
XVI secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua
opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane e
lui considerato "inventore luce della buona e vera Architettura".
Secondo recenti studi Bramante
sarebbe nato a Monte Asdrualdo nel 1444 (oggi Fermignano), ma il Vasari ne
attesta la nascita in Casteldurante (l'odierna Urbania), nei pressi di Urbino;
si formò artisticamente nella città dei Montefeltro.
Il periodo della formazione e la
prima attività di Bramante non è documentata. Quasi sicuramente fino al 1476
restò ad Urbino, dove probabilmente fu allievo di fra Carnevale e divenne
pittore "prospectivo", cioè specializzato nella costruzione
geometrica di uno spazio per lo più architettonico quale sfondo di una scena
dipinta.
Probabilmente fu anche allievo ed
aiuto di Piero della Francesca e conobbe Melozzo da Forlì che influenzarono poi
la sua attività pittorica.
Nell'ambiente urbinate
sicuramente conobbe Luca Signorelli, Perugino, Giovanni Santi, Pinturicchio e
Francesco di Giorgio Martini di cui probabilmente divenne collaboratore e da
cui apprese molto nell'arte dell'architettura. Forse a seguito di viaggi che
infine lo porteranno in Lombardia, entrò in contatto anche con le opere di
Mantegna e di Leon Battista Alberti, nonché con le produzioni artistiche di
centri come Perugia, Ferrara, Venezia, Mantova e Padova.
Dunque poco si conosce della sua
attività artistica nel periodo giovanile urbinate, con attribuzioni molto
problematiche. È probabile che abbia lavorato nel cantiere del Palazzo Ducale
di Federico da Montefeltro progettato da Luciano Laurana.
Chiesa di San Bernardino degli
Zoccolanti posta poco fuori della cinta muraria cittadina, voluta del duca
Federico III e destinata a diventare il mausoleo dei Montefeltro. Ospita
infatti le tombe di Federico III e Guidobaldo I Duchi d'Urbino. Tuttavia,
attualmente prevale l'attribuzione a Francesco di Giorgio Martini, anche se è
ritenuta possibile una collaborazione diretta del giovane Bramante, quantomeno
nella fase realizzativa del Mausoleo.
Gli è stata autorevolmente
attribuita una Flagellazione posta nell'Oratorio dei Disciplinati di San
Francesco a Perugia.
Bramante è documentato in
Lombardia nel 1477, quando a Bergamo affrescò la facciata del Palazzo del
Podestà (con figure di filosofi dell'antichità in inquadrature architettoniche
di cui rimangono poche tracce e per le quali sono state notate somiglianze con
Melozzo da Forlì). Secondo Vasari lavorò in quel periodo anche in città diverse
da Bergamo.
Nel 1478 è probabile un suo primo
soggiorno a Milano, forse inviato da Federico da Montefeltro per seguire i
lavori nel suo palazzo a Porta Ticinese, ricevuto da poco in dono da Galeazzo
Maria Sforza o forse al seguito di Giovanni Antonio Amadeo, conosciuto a
Bergamo sul cantiere della cappella Colleoni.
Stabilitosi a Milano come
pittore, vi rimase fino al 1499 lavorando, invece, prevalentemente come
architetto per Ludovico il Moro. L'artista, giunto in Lombardia ormai
trentatreenne, aveva accumulato una vasta e singolare cultura, che accomunava
la maestria nella prospettiva, appresa da Piero della Francesca, la conoscenza
di molti elementi dell'architettura classica e dell'opera vitruviana,
l'adesione al modello albertiano, di classicismo. Tale bagaglio culturale gli
permise di esercitare una grande influenza ed autorità sulla cultura lombarda,
in parallelo con Leonardo da Vinci presente a Milano a partire dal 1482, con il
quale non mancarono gli scambi e le reciproche influenze. Più in generale sul
finire del XV secolo il Ducato di Milano fu centro di cultura, dove l'arte
locale di impronta gotica si incontrò, ed in parte si scontrò, con architetti
ed artisti pienamente rinascimentali, provenienti dall'Italia centrale, di cui
Bramante fu quello che lasciò l'impronta più duratura.
Progetto per la nuova Basilica di San Pietro
Da vari decenni i papi pensavano
di rinnovare la vecchia basilica paleocristiana, che era sempre meno in grado
di far fronte alle sue molteplici funzioni anche a causa di problemi statici
dovuti ai muri relativamente sottili ed al tetto a capriate che minacciavano di
crollare. Papa Niccolò V aveva iniziato lavori per aggiungere alla vecchia
navata un nuovo coro ed un transetto, di sormontare la chiesa con una cupola e
di rinnovare la navata.
Dopo un lungo periodo di
inattività il cantiere fu riaperto da Giulio II che intendeva proseguire i
lavori intrapresi da Bernardo Rossellino per Niccolò V. Tuttavia nel 1505, in
un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa e la
Curia, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica che
accogliesse anche il grandioso mausoleo, affidato a Michelangelo Buonarroti,
che aveva concepito per la propria sepoltura.
Progetto di Bramante per la
basilica di San Pietro
Dopo aver consultato i maggiori
artisti del tempo, i lavori furono affidati a Bramante del quale ci rimangono
alcuni progetti, tra i quali il famoso "piano pergamena", in cui
propose una perfetta pianta centrale, a croce greca, caratterizzata da una
grande cupola emisferica posta al centro del complesso e con altre quattro
croci greche più piccole disposte simmetricamente a quincunx intorno alla
grande cupola centrale.
Il progetto rappresenta un
momento cruciale nell'evoluzione dell'architettura rinascimentale, ponendosi
come conclusione di varie esperienze progettuali ed intellettuali. La grande
cupola era ispirata a quella del Pantheon ed avrebbe dovuto essere realizzata
in conglomerato cementizio; in generale tutto il progetto fa riferimento
all'architettura romana antica nella caratteristica di avere le pareti murarie
concepite come masse plastiche capaci di articolare lo spazio in senso
dinamico. La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la
più grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di
Giorgio Martini a Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, studi
chiaramente ispirati alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze. Altri
riferimenti vengono dalla scuola fiorentina, in particolare con Giuliano da
Sangallo che aveva utilizzato la pianta a croce greca ed aveva già proposto un
progetto a pianta centrale per la basilica di San Pietro.
Tuttavia non tutti i disegni di
Bramante indicano una soluzione di pianta centrale perfetta, segno forse che la
configurazione finale della chiesa era ancora questione aperta. Vennero, nei
mesi del 1505, elaborate soluzioni capaci di integrare quanto già costruito del
nuovo ed il corpo longitudinale della navata con una nuova crociera con
transetto e cupola.
Nei lavori in cantiere, infatti,
fu mantenuto quanto costruito dal Rossellino per il coro absidale, portato a
termine completandolo con lesene doriche, in contrasto con il progetto del
"piano pergamena". La sola certezza sulle ultime intenzioni di
Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da
quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio,
dunque, elemento fondante della nuova basilica. Pertanto nonostante una serie
di lunghissimi avvicendamenti alla conduzione del cantiere (da Raffaello
Sanzio, a Michelangelo Buonarroti, a Carlo Maderno), i progetti bramanteschi
influenzarono comunque lo sviluppo dell'edificio, con l'uso della volta a botte
e con i quattro piloni sormontati da altrettanti pennacchi diagonali a sostegno
di una vasta cupola emisferica. Benché l'esterno e buona parte dell'interno
dell'attuale San Pietro parlino il linguaggio di Michelangelo, furono Giulio II
e Donato Bramante i veri ideatori di questo centro spirituale e materiale della
città.
I lavori condotti dal Bramante
iniziarono nel 1506 con la demolizione dell'abside ed il transetto dell'antica
basilica, suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa. Bramante,
soprannominato "maestro ruinante", fu dileggiato nel dialogo satirico
Simia ("Scimmia") di Andrea Guarna, pubblicato a Milano nel 1517, che
racconta come l'architetto, presentandosi da morto davanti a san Pietro, venga
da questi rampognato per la demolizione e risponda con la proposta di
ricostruire l'intero Paradiso.
MAGGIORI DETTAGLI QUI
Post a Comment