LA SCOPERTA DELLE GROTTE DI FRASASSI di Fabio Sturba
Di FABIO STURBA
Foto di Carla Rotoloni |
45 anni fa, il 25 settembre del 1971, un gruppo di
giovani appartenenti al Gruppo Speleologico Marchigiano – CAI di Ancona,
guidati da Giancarlo Cappanera, forzava un minuscolo foro di poche decine di
centimetri che si apriva sulla parete nord-est del Monte Valmontagnana e
scoperto qualche mese prima da Rolando Silvestri, un giovane appassionato di
escursionismo.
Quel piccolo, insignificante, pertugio avrebbe
aperto le porte della grandiosa Grotta Grande del Vento di Frasassi: una fra le
più importanti scoperte speleologiche dell’ultimo secolo.
Le settimane che seguirono videro l’avvicendarsi di tutti i soci del
Gruppo Speleologico nell’esplorazione della grotta. In quell’epoca il gruppo
era alla base di tutto, da soli non si andava da nessuna parte; per compiere
esplorazioni in sicurezza sopra ogni punto pericoloso (pozzo, scivolo, ecc.)
era necessario lasciare una persona, anche per ore, in attesa del ritorno della
squadra di punta: in pratica bisognava essere in molti, perché pochi potessero
raggiungere l’obiettivo finale.
Sabato 2 ottobre, dopo aver scavato un tunnel su una parete di terra e
percorso una galleria lunga un’ottantina di metri, arrivammo in una vasta sala
(Sala del Trono) che terminava nel nulla perché davanti a noi un ripido scivolo
scompariva in un buco nero. Lanciare un sasso era l’unico modo per capire che
cosa ci aspettava più avanti; i secondi passavano interminabili: 3…4…5...la
pietra sembrava essere stata inghiottita da quel buio denso… poi all’improvviso
ecco comparire il rumore del sasso, sordo, rimbombante, lontanissimo!
L’emozione era a mille, quanto sarà profondo? Un rapido calcolo ci dava 120-130
metri, forse di più, non stavamo più nella pelle, ormai eravamo consapevoli di
aver fatto una scoperta importante.
Maurizio Bolognini ed io avemmo il previlegio di essere scelti per
calarci in quel mare nero alla scoperta di che cosa ci fosse là sotto. Dopo un primo tentativo
abortito il 3 ottobre, il 10 eravamo di nuovo lì a riprovaci; mentre noi
scendevamo, una quindicina di “angeli custodi” ci aspettava in Sala del Trono
garantendoci la risalita.
Ancora oggi ripensare a quel lungo “volo” di 90
metri nel vuoto, circondato dal buio e appeso ad una minuscola corda come un
ragno attaccato al suo filo, mi riempie di intense emozioni; quanto toccai il
suolo ero però felice di avere di nuovo qualcosa sotto i piedi.
Maurizio ed io eravamo circondati dal buio, le flebili luci delle nostre
lampade ad acetilene illuminavano pochi metri intorno a noi…”dal punto in cui
ci trovavamo riuscivamo a intravedere solo una parete del pozzo: distava circa
una trentina di metri, tutto il resto era buio fitto. In lontananza
s’intravedevano dei debolissimi luccichii. In alto una debole macchia di luce
indicava il punto da dove eravamo partiti: impressionante! L’oscurità era
impressionante, le dimensioni erano impressionanti, tutto era impressionante…”
(dal libro Abisso Ancona).
Quel giorno Maurizio ed io, primi, minuscoli esseri umani a calcare quel
suolo incontaminato ci ritrovammo, praticamente senza quasi accorgercene, in
mezzo ai Giganti, stalagmiti alte quanto un palazzo di cinque piani; in quel
momento, confusi tra gioia, emozione, incredulità e senso di smarrimento
abbiamo capito di aver realizzato un sogno impossibile: la scoperta di una
grotta straordinaria. Tre anni dopo questa verrà aperta al pubblico per
permettere a tutti di godere delle sue straordinarie bellezze.
A distanza di 45 anni ho voluto raccontare la storia di quell’eccezionale
scoperta in un libro: “Abisso Ancona”, edito da Marcelli Editore; ma oltre alla storia lo scopo principale del
libro è quello di trasmettere al lettore le sensazioni e le emozioni vissute da
me, allora ventenne e da un manipolo di giovani speleologi, molti dei quali
minorenni. Emozioni che ci hanno
profondamente segnato per il resto della nostra vita.
BIOGRAFIA
Fabio Sturba, Medico
Oncologo, nasce in Ancona nel 1950.
Nel 1969 si avvicina
alla speleologia quasi per caso e nel gennaio del 1971 è tra i soci fondatori
del Gruppo Speleologico Marchigiano-CAI di Ancona.
Nel settembre dello
stesso anno fa parte del gruppo di speleologi che scopre la Grotta Grande del
Vento di Frasassi.
Appassionato di
fotografia, nel 1972 realizza insieme a Maurizio Bolognini il primo servizio
fotografico della nuova grotta, poi pubblicato su Epoca, una prestigiosa
rivista di quel periodo.
Ha praticato
speleologia attiva fino al 1978 conciliandola con gli studi in Medicina prima e
con l’attività di Medico successivamente.
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